Dal 2014, appena diventato assessore alla Cultura, quali sono le azioni che ha visto fin da subito come priorità?

Simone Mangani: L’obiettivo principale era la riapertura del Museo Pecci. Nel giugno 2014, nonostante gli investimenti delle precedenti amministrazioni comunali e regionali, non era neppure possibile ipotizzare una data di riapertura ed il nuovo edificio progettato da Maurice Nio non era ancora stato collaudato. Nel corso del 2015, d’intesa con la Regione Toscana, abbiamo utilizzato lo strumento principe della collaborazione fra enti, ovvero l’Accordo di programma, per intercettare fondi comunitari per 3,5 milioni di euro. Regione Toscana, Comune di Prato, Comune di Pistoia, Fondazione Marino Marini di Firenze hanno lavorato assieme per un progetto da 5 milioni di euro complessivi, un progetto che discende dalla definizione del Pecci come “grande attrattore” e coordinatore delle politiche del contemporaneo in Toscana. Senza quell’accordo, fatta da questa amministrazione, Il Pecci oggi sarebbe ancora chiuso.

Centro Pecci: un bilancio, dall’inaugurazione a oggi.

S.M.: Il Pecci è nato per una scelta privata e pubblica. Lo sanno tutti. Eppure nel corso del tempo ha scontato il fatto di essere percepito come un luogo alieno rispetto al nostro contesto storico e – in senso ampio – politico. Non è così.Tutti i nostri Musei appartengono a tutti i cittadini, a tutti noi, in prima istanza ai pratesi e ai toscani che con le loro tasse hanno contribuito al raddoppio del Museo Pecci. Il bilancio ad oggi è positivo. Abbiamo costituito il nuovo ente di governo del Pecci, la Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, fondazione che ha due soci: il Comune di Prato e la storica Associazione Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci. Non solo, nel nuovo Piano regionale di sviluppo è scritto che anche la Regione entrerà nella Fondazione ed il procedimento di adesione è già iniziato. Abbiamo chiuso – risolto, dovrei meglio dire – una questione non definita da dieci anni, ovvero dal 2006: la proprietà delle opere d’arte della collezione permanente del Museo. Senza versare un solo euro di soldi pubblici in più, oggi, i pratesi tramite il Comune sono comproprietari della Collezione permanente del Pecci (1300 opere, un’ottantina delle quali in mostra attualmente nella bellissima esposizione “Dalla caverna alla luna”). Abbiamo visto 15000 persone in fila il giorno dell’apertura del Museo. Credo sia stata la festa più bella che Prato abbia vissuto negli ultimi trent’anni. Un assalto senza precedenti, segno che vi era attesa, curiosità e – mi auguro – appartenenza. Tutti hanno lavorato con un unico obiettivo: il Comune, la Regione, l’Associazione Pecci, la Fondazione, tutto lo staff del Museo, tutti avevano in testa il giorno in cui il Pecci sarebbe stato riconsegnato alla Città e al non sempre facile e quanto mai variegato mondo dell’arte contemporanea.

Non solo Pecci, ma anche Museo del Tessuto. Qual è la scommessa per un museo che parla la lingua della storia manifatturiera pratese?

Il Museo del Tessuto è dentro il Polo Campolmi. L’ex Cimatoria, ora che abbiamo liberato quasi interamente la cinta muraria trecentesca, è forse il posto più bello della nostra Città. La Biblioteca Lazzerini, il Museo del Tessuto, la Corte delle sculture che d’estate diventa hall per concerti e spettacoli. Tutto contribuisce a rendere la Campolmi – sede tra l’altro della prima edizione di Mediterraneo Downtown pochi mesi fa – un luogo unico. Gli scioperi del ’44, le deportazioni, la memoria di un conflitto e la memoria della produzione tessile rivivono quotidianamente, anche inconsciamente, attraverso la fruizione da parte di migliaia di persone. In questo contesto, il Museo del Tessuto trova e troverà nuova linfa seguendo due filoni. Il primo, già intrapreso, è quello delle collaborazioni prestigiose: il protocollo triennale con gli Uffizi recentemente siglato va in questa direzione. Il secondo, in ordine al quale la discussione in corso, è relativo all’allargamento della missione statutaria: il MDT, grazie al suo staff e alla straordinaria collezione permanente, è fondamentale per la reputazione delle aziende del nostro distretto. Ed è l’ora che lo rivendichi. Con forza.

Parliamo di realtà più piccole adesso: quali sono gli interventi di cui va più orgoglioso?

Il progetto al quale sono forse più legato è Punto Con – Contemporaneo Condiviso. Abbiamo riunito undici soggetti professionali indipendenti che da tempo – chi da pochi mesi, chi da decenni – svolgono una funzione fondamentale per il tessuto connettivo culturale e di cittadinanza del nostro territorio (Dryphoto, Spazio-K, Chi-na, Sedici, Artforms, Lato, SC17, Lottozero, CUT, MOO, Studio MDT) ed abbiamo messo a punto un coordinamento ed un calendario delle attività aperte al pubblico in occasione del Grand Opening del Pecci. Con la stessa rete abbiamo vinto il bando SIAE ed abbiamo fornito collaborazione a quei soggetti che per due anni di fila hanno vinto il bando Toscana in Contemporanea. Uno di questi, Lottozero, anche con il partenariato del Comune e del Museo del Tessuto, è entrato nella short-list (15 progetti selezionati su 425 da tutta Italia) dell’importantissimo bando Culturability. La costante è una sola: tutti questi attori hanno trovato casa in luoghi e spazi tipici del distretto industriale (dalla Corte di via Genova al Macrolotto Zero) e dal loro insediamento hanno trovato nutrimento per la quotidiana progettualità.
Per esempio, SC17 sta portando avanti uno straordinario lavoro di mappatura degli spazi industriali: dismissione, riuso, rigenerazione. E il 2018 sarà l’anno europeo del patrimonio industriale. Vorrei inoltre citare il progetto YANG – People mover: è risultato il primo per entità di finanziamento tra tutte le 200 domande da tutta Italia alla Fondazione IFEL. Un progetto coordinato dallo staff di Officina Giovani, fatto in rete con le scuole e con le associazioni e con CAP, capace di coinvolgere centinaia di giovani (non solo studenti), un progetto che ha reso possibile inserire nel PUMS – Piano Urbano della Mobilità Sostenibile – azioni pensate dagli under 25.
E infine, lasciatemi dire due parole sull’Arca di Noè. Non è un “piccolo progetto”, anzi. E’ stato il risultato di un anno e mezzo di lavoro comune tra la Scuola di Musica Verdi, la Camerata strumentale, il Teatro Metastasio, il Coro Euphonios, moltissimi professori e centinaia di allievi. Quelle 2000 persone che riempirono San Domenico un anno fa sono un bel pezzo della base culturale e sociale sulla quale edificare una Città migliore.
Mancano poco meno di due anni alla scadenza del mandato: quali sono gli obiettivi e le ambizioni adesso?

Prato ha uno straordinario patrimonio pubblico – frutto di scelte politiche ben precise e fatte in continuità, dalla riapertura del Metastasio nel 1964 alla riapertura del Pecci il 16 ottobre 2016. Eppure Prato beneficia anche di una inesauribile, diffusa creatività, talvolta gelosa della propria indipendenza ed autonomia. Quando le politiche pubbliche e l’iniziativa privata si incontrano e condividono un progetto, allora le possibilità di successo sono, chiaramente, maggiori. Prato ha manifestato l’interesse per il bando ministeriale per il titolo di Capitale della cultura del 2020. Il Ministero ha anticipato i tempi di almeno 8 mesi ma questo non deve spaventare nessuno. Quel bando ha premiato, in anni recenti, non i fuochi d’artificio ma la continuità della progettualità. E’ palmare il fatto che vincere sia quasi impossibile ma entrare nella c.d. short-list è un obiettivo che realisticamente possiamo porci perché in questi anni recenti – nonostante una crisi epocale, globale e locale – Prato non si è fermata: dopo 17 anni ha riaperto il Museo di Palazzo Pretorio, dopo tre anni e mezzo ha riaperto il Museo Pecci e in tre anni di legislatura abbiamo approvato il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile, abbiamo approvato il progetto sul Parco dell’Ospedale invertendo la rotta pericolosa della precedente amministrazione, abbiamo deciso e finanziato – assieme alla Regione Toscana – il primo, grande intervento di progettazione pubblica dentro il Macrolotto Zero, ovvero dentro il quartiere a più alta immigrazione della Città ed abbiamo – per passare ad altro – dato una veste decisamente diversa – migliore, lasciatemelo dire – al Settembre. Stiamo lavorando alla candidatura per il 2020, d’intesa con il nostro Polo Universitario e assieme a tutte le nostre istituzioni culturali: il 15 settembre presenteremo il progetto al Ministero. Se supereremo il primo vaglio, inizierà un percorso di condivisione pubblica del progetto stesso ed in ogni caso il primo obiettivo è lavorare assieme, coltivare una missione condivisa, utilizzare il 2018 ed il 2019 per dare gambe a quel progetto anche se il titolo andasse ad un’altra Città.